Molti siti web offrono consulenze legali gratuite, pareri a pagamento e form da compilare per qualsiasi tipo di richiesta legale, offrendosi di fornire in tempi brevi una risposta anche tramite posta elettronica.
Queste attività sono compatibili con le norme del codice deontolgico forense?
Una delibera del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Milano, dell'Ottobre 2000, decretava l'incompatibilità dei siti internet che redigono pareri gratuiti con le norme del codice deontologico, legittimando solo la consulenza a pagamento, pur se a condizioni estramemente rigorose.
Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Milano in tale delibera illustrava le modalità di funzionamento dei servizi di consulenza e paraeri legali on-line per non essere in contrasto in particolare con gli artt. 17,18 e 19 del codice deontologico.
Si ritiene che l'uso della rete inteso come svolgimento della professione on-line gratuitoi sia in contrsto con i principi legali e deontologici della professione.
Secondo la delibera sono vietate altrsì le attività offerte a prezzi inferiori a quelli determinati dalle tariffe professionali.
Tale offerta sarebbe illecita in quanto potrebbe dare luogo ad un illecito "dumping" ossia alla vendita di un prodotto ad un prezzo inferiore al suo costo di produzione rinunciando a qualsiasi profitto o, additrittura, subendo perdite, assicurandoal produttore un certo grado di penetrazione in un mercato al fine di eliminare i concorrenti in quel determinato settore.
Facendo riferimento al codice deontologico ci si riferisce soprattutto all'art. 34 in cui si specifica che il rapporto con la parte assistita deve essere improntato essenzialemente sulla fiducia da cui si desume che la prestazione legale deve essere effettuata direttamente dal professionista con cui si è instaurato il rapporto fiduciario, pertanto rendendosi necessaria una relazione personale fra cliente e avvocato che sembrerebbe "sminuito" se prestata a titolo gratuito, fornendo tale tipo di prestazione un danno d'immagine non solo all'assistito ma all'intera categoria forense.
Successivamente una disposizione del C.N.F. (Consiglio Nazionale Forense Italiano) nela seduta del 26/10/2002, recepiva le suddette argomentazioni.
Il C.N.F. in tale seduta disciplina ed introduce l'art. 17 comma 1 lettera B del codice deontologico forense vietando "l'utilizzazione di internet per offerta di servizi e consulenze gratuite, in proprio o su siti di terzi".
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