LA COMPETENZA FISCALE DELLE PROVVIGIONI
Una recente risoluzione ministeriale ha parzialmente stravolto il già complesso rapporto fiscale degli agenti di commercio, nella determinazione del periodo di competenza delle provvigioni, secondo i princìpi dettati dall’art. 109 del T.U.I.R.
L’attività di agente di commercio, per legge e per prassi, si svolge attraverso una serie di fasi successive:
- Promozione dell’ordine (proposta)
- Accettazione dell’ordine da parte della ditta, all’agente
- Conferma d’ordine dalla ditta al cliente
- Esecuzione dell’ordine, con la consegna di quanto ordinato
- Pagamento (buon fine)
Alcune di queste fasi sono, spesso, verbali od implicite, quindi non è perfettamente individuabile il momento in cui avvengono.
La prima data certa, dopo la proposta, è quella dell’esecuzione dell’ordine, con la consegna di quanto ordinato, solitamente accompaganato da bolla d’accompagnamento e seguita, a breve distanza, dalla fattura.
Con il pagamento da parte del cliente, che avviene, normalmente, in un tempo successivo, più o meno lungo, l’affare va "a buon fine".
L’art. 1748 del codice ciìvile (Diritti dell’agente) dispone, al 3° comma:
"Salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse esguito la prestazione a suo carico.".
Il quadro normativo è chiaro, e le situazioni che normalmente si riscontrano nella pratica, secondo le disposizioni dei singoli contratti, sono:
- In conformità a quanto disposto dal codice civile la provvigione è calcolata e liquidata con riferimento alla esecuzione dell’ordine (consegna o fatturazione, momenti che sono sostanzialmente identici)
- La provvigione è calcolata e liquidata nel momento in cui il cliente paga (buon fine), ultimo, inderogabile, momento, a mente dell’art. 1748 c.c..
- Mediando fra i due termini estremi, non di rado, la provvigione è calcolata al momento dell’esecuzione dell’affare e liquidata in un periodo successivo, covenzionalmente individuato fra le parti, per tenere conto delle modalità di pagamento concesse ai clienti.
Date queste premesse, sul punto della disciplina contrattuale, c’è da chiedersi quale sia il momento imponibile sul piano fiscale.
Entrambe la parti sono imprese, quindi soggette al principio della competenza economica (art. 109 T.U.I.R.), rilevando cioè costi e ricavi in relazione al momento in cui si sono generati, essendo irrilevante il momento del pagamento.
Ricavi e costi vanno compresi nell’esercizio di competenza, sempre che risultino certi nella loro esistenza e risultino determinabili nel loro ammontare.
E’ abbastanza evidente che la certezza e la determinabilità non si verificano per le due parti contemporaneamente.
Nel caso delle provvigioni, se il rapporto si svolge come legge e accordi collettivi impongono, la ditta mandante deve consegnare un estratto-conto provvigionale entro la fine del mese successivo ad ogni trimestre solare.
L’estratto-conto determina, per l’agente, certezza e determinabilità delle provvigioni, che prima erano solo ipotizzate con più o meno ampia approssimazione.
L’estratto-conto è nel contempo una ammissione di debito della ditta (certezza) ed il documento che quantifica tale debito (determinabilità), e diventa definitivo se l’agente non solleva contestazioni entro un ragionevole termine di tempo.
La ditta mandante, dal canto suo, conosce le provvigioni dovute molto prima: ogni volta che esegue un ordine o che un ordine va a buon fine.
Questi due, diversi, momenti di conoscenza delle provvigioni maturate hanno creato, nel tempo, problemi interpretativi e contenzioso.
Il Ministero delle Finanze, tenendo conto del ritardo nella conoscenza delle provvigioni, ha avuto modo di chiarire che debbono essere inclusi nella dichiarazione dei redditi, in ossequio al principio di competenza, tutti i ricavi certi e determinabili entro il termine della presentazione della dichiarazione dei redditi.
Su questo quadro, già di per sé abbastanza complicato, si innesta una recente risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, la numero 115/E dell’8 agosto 2005, che scombina i termini del problema in maniera sconcertante.
L’agenzia delle entrate sostiene che le provvigioni concorrono alla formazione del reddito (dell’agente) e dei costi (del preponente) "…nel periodo di imposta in cui il preponente ed il terzo-cliente stipulano il contratto promosso dall’agente.".
In altre parole, il momento imponibile, sarebbe quello della conclusione del contratto di vendita, solitamente indeterminabile e precedente a quello, certo, di esecuzione.
La tesi è supportata da una analisi letterale dell’art. 109 del T.U.I.R., (le prestazioni di servizio sono imponibili … alla data in cui le prestazioni sono ultimate…"). e dell’art. 1748 del codice civile (Le provvigioni spettano nel momento in cui il preponente "… ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo…".
Sul presupposto di una presunzione legale di questo tipo, l’agenzia delle entrate dichiara assolutamente ininfluenti i patti contrattuali esistenti fra le parti, ancorchè espressamente consentiti dall’art. 1748 (Salvo che sia diversamente pattuito…): secondo l’agenzia non è un termine legale, ma "… assume natura esclusivamente dilatoria del pagamento della stessa.".
Anche i requisiti di certezza e di determinabilità sono soddisfatti nel momento della conclusione del contratto: secondo l’agenzia delle entrate,la provvigione è certa perché l’agente è a conoscenza della conclusione del contratto ed è determinabile perché l’agente conosce il valore del contratto e l’ammontare della provvigione che gli compete.
La pratica del rapporto di agenzia consente di sollevare molte eccezioni rispetto ad una fotografia come quella fornita dall’agenzia delle entrate, suggestiva per la sua teorica aderenza alle disposizioni di legge, ma assolutamente irreale.
Si rimane perplessi di fronte alla semplicistica analisi dell’art. 1748 del codice civile, che individua il momento della esecuzione della prestazione e non quello della conclusione del contratto per la spettanza delle provvigioni. Colpisce anche la non considerazione dei patti contrattuali legittimamente stipulati.
Ma, forse, il punto che sconcerta maggiormente è quello in cui l’Agenzia sostiene che l’agente ha la conoscenza certa e l’oggettiva determinabilità delle provvigioni in un momento (quello della conclusione dell’affare fra ditta e cliente) che, nella realtà dell’attività di agenzia, non solo è ignoto, ma, talvolta, non può neppure essere presunto da parte dell’agente.
Molte voci si sono levate contro questa interpretazione, sia da parte della stampa specializzata, sia da parte delle associazioni di categoria.
E’ vero che una interpretazione ministeriale non è un provvedimento di legge, ma è anche vero che potrebbe far nascere conseguenze decisamente spiacevoli ed onerosi contenziosi, in ipotesi di applicazione rigida in fase di accertamenti e verifiche. |