Cassazione civile, SEZIONE LAVORO, 12 marzo 1998^ n, 2722
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli III. mi Sìgg. Magistrati:
Dott. Francesco AMIRANTE Presidente
Giovanni CASCIARO Consigliere
Giovanni PRESTIPINO
Fernando LUPI Rei. "
Mario PUTATURO |
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A |
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Sul ricorso proposto da: |
CONSORZIO AGRARIO PROVINCIALE DI CREMONA SOC. COOP. R.L, in persona del legale rappresentante prò tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA SAN TEODORO 28, presso lo studio dell'avvocato SEBASTIANO ITALIA, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti; |
Ricorrente |
contro |
ENASARCO ENTE NAZION. ASSISTENZA AGENTI E RAPPRESENTANTI DI COMMERCIO, in persona del legale rappresentante prò tempore,elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. USODIMARE 31, presso lostudio dell'avvocato DOMENICO PONTURO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato BARTOLO SPALLINA, giusta procura speciale del Notaio MARCELLO DI FABIO di Roma del 29-5-97 rep. n. 73224; |
Resistente con procura |
nonché contro |
TANZI FRANCESCO; |
Ennio Attilio SEPE che ha concluso per il rigetto del ricorso. |
Fatto |
avverso la sentenza n. 83-95 del Tribunale di CREMONA, depositata il
23-03-95 n.r.g. 1178-94; |
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
06-06-97 dal Relatore Consigliere Dott. Fernando LUPI; |
Intimato |
udito l'Avvocato SPALLINA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. |
Con sentenza del 23.3.1995 il Tribunale di Cremona, sezione lavoro, decìdendo sull'appello del Consorzio Agrario Provinciale di Cremona nei confronti dell'ENASARCO, nonché di Tanzi Francesco, avverso sentenza del pretore della medesima città, respìngeva l'appello e confermava il rigetto della domanda del Consorzio tendente ad accertare la natura di contratto di agenzìa del rapporto intercorso tra il Tanzi e il Consorzio con conseguente validità dell'assicurazione presso l'ENASARCO dell'agente. Osservava in motivazione che il "nomen juris" adottato dalle parti non era sufficiente a qualificare giuridicamente il rapporto, dovendosi fare riferimento alla corrispondenza tra la causa tipica del negozio prevista dalla norma e quella in concreto del rapporto in oggetto. Rilevava che tipico dell' agenzìa non è il concludere affari, in virtù di un potere di rappresentanza, che è solo eventuale, ma promuoverli, cioè suscitare, sostenere, incrementare e convogliare verso l'acquisto la domanda del prodotto offerto dall'impresa, cioè una attività consistente nell'incidere sui processi di determinazione all'acquisto del potenziale cliente, attività che andava esclusa nel contratto in oggetto nel quale compito era esclusivamente la vendita, mentre mancava ogni attività promozionale non differenziandosi l'attività del Tanzi da quella di un gestore di negozio per conto di terzi. Rilevava inoltre che mancava nella fattispecie l'elemento della zona come ambito geografico della attività di promozione, e che nella specie la zona indicata come Cremona Porta Milano coincideva soltanto con il magazzino, mentre l'attività commerciale del Tanzi si esplicava con vendite anche in comuni limitrofi. Rilevava, ancora, che l'accollo da parte del Consorzio dei canoni dì fitto del negozio contrastava con il principio che le spese dell'agenzia gravano sull'agente, così come il divieto di commercializzare merci non fornite dal Consorzio. Rilevava, infine, che la contrattazione collettiva tra consorzi e rappresentanti con deposito aveva natura privatìstica e non poteva attribuire lo status di agente nei confronti dell'ENASARCO in contrasto con le previsioni di legge.
Propone ricorso per cassazione affidato a tré motivi il Consorzio, resiste con controricorso l'ENASARCO illustrato poi con memoria, il Tanzi non si è costituito.
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Diritto |
Con il primo motivo del ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 82 c.p.c., R.D.L 27 11 1933 n. 1578 in rei. 101 c.p.c, vizi rilevabili di ufficio, (art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.). L'Enasarco si è costituito in primo e secondo grado a mezzo di procuratore l'avv. Adalberto Cadetti, che essendo iscritto in altro distretto, non poteva rappresentare l'ente. Conseguirebbe la nullità del rapporto processuale, della sentenza e delle prove documentali esibite in primo grado dall'Enasarco e della deposizione del teste Cozzaglio indotto dall'Enasarco.
Per quanto concerne il primo grado il rilievo della nullità della costituzione dell'Enasarco è fondato in quanto l'ente risulta rappresentato e difeso dall'avv. Adalberto Carlettì, iscritto nell'albo di Milano e non in uno del distretto di Broscia. Ciò comporta la nullità della costituzione dell'ente in primo grado, cfr Cass. n. 3491-1994, n. 8594-1992, n. 118880-1991. Consegue, però, soltanto che l'Ente deve considerarsi contumace in primo grado e non la nullità del rapporto processuale, che invece sì è ritualmente instaurato con la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza. La nullità della costituzione in giudizio del convenuto non vizia, come erroneamente prospettato, ex art. 101 c.p.c. il rapporto processuale per la | cui valida costituzione basta la regolare "vocatio in judicium". Nel secondo grado la costituzione dell'appellato è rituale perché esso è stato difeso anche dall'avv. Antonio Abbamonte, iscritto nell'albo di Cremona, che ha sottoscritto, diversamente da quanto si assume nel ricorso, la memoria di costituzione in appello.
Alcun riflesso sulla sentenza impugnata ha la raccolta in primo grado delle prove indotte irritualmente dall'Enasarco in quanto la documentazione è stata dall'ente nuovamente esibita in appello, mentre irrilevante è la deposizione del teste Cozzaglio, confermativa di un verbale di ispezione dell'ente. Invero nel presente giudizio i fatti non sono contestati mentre la controversia verte unicamente sulla qualificazione giuridica del rapporto. Con il secondo motivo, denunziandosi la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e degli artt. 1742 - 1752 e.e. nonché l'omessa ed insufficiente motivazione su di un punto decisivo, (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), si contesta la negata qualificazione di contratto di agenzia del contratto intercorrente tra il Tanzi e il Consorzio quando l'interesse comune perseguito dal contratto è di agevolare la vendita dei prodotti del preponente attraverso l'opera di un intermediario, cioè quello tipico del contratto di agenzia. - In particolare si contesta che la particolare forma di promozione abbia indotto ad escludere l'attività di promozione stessa. Si rileva poi che per la forma di promozione adottata, la gestione di un punto vendita, comportava che la localizzazione dello stesso identificasse la zona. Si sottolinea che nella fattispecie concorrevano tutti gli elementi del contratto di agenzia: stabilità dell'incarico, l'agire in nome e per conto del preponente, il compenso a provvigioni erano tutti elementi che caratterizzavano in positivo i) contratto di agenzia.
Le censure sono fondate. La sentenza impugnata ha escluso che il contratto in oggetto fosse contratto di agenzia accertando con la motivazione che mancassero gli elementi della promozione e della zona che caratterizzano il contratto di agenzia. Tale motivazione appare illogica in quanto la promozione delle vendite, e cioè il contratto con la clientela allo scopo di acquisire contratti può avvenire nei modi più vari rispetto a quello consueto della visita da parte dell'agente, ritenuto dal tribunale l'unico caratterizzante la promozione. L'agente può acquisire la clientela al proprio domicilio attraverso la pubblicità, il telefono, le reti telematiche e, infine, anche attraverso un punto fisso di vendita cioè, come nella specie, in negozio aperto al pubblico. È notorio che molte imprese industriali promuovano le vendite ed acquisiscano clientela anche attraverso punti di vendita al pubblico dei propri prodotti. La tecnica per l'acquisizione della clientela, sia essa quella della ricerca attiva o del contato con essa in un punto di vendita, non modifica lo scopo di promuovere contratti che caratterizza il contratto di agenzia. Si deve concludere che è illogico escludere che il Tanzi promuovesse la conclusione di affari per il Consorzio sul rilievo che questi si limitasse a gestire un punto vendita, quasi che gli affari che si concludevano nel negozio non fossero promossi da che lo gestivo per conto del rappresentante.
Del pari illogico ritenere che difettasse nella specie l'elemento della zona. Infatti la specie l'elemento della zona. Infatti la localizzazione del punto di vendita ed i) modo peculiare di acquisizione della clientela di un negozio possono identificare nel pubblico che frequenta la zona di Porta Milano in Cremona la zona attribuita all'agente. Il rilievo, infine, che la preponente avesse a suo carico le spese dì fitto del punto vendita, mentre a sensi del quarto comma dell'ari:. 1748 e.e. l'agente non ha diritto al rimborso delle spese di agenzia, non è significativa per l'identificazione del modello negoziale adottato dalle parti se si tiene conto che, secondo la classificazione degli accordi di settore, il Tanzi era rappresentante con deposito con obbligo di custodire merci per la consegna ai clienti. In relazione a questo onere accessorio può trovare spiegazione l'accollo del fitto al preponente in quanto proprietario delle merci per lui custodite fino al momento della vendita. Si deve concludere che la motivazione della sentenza impugnata in ordine alla corrispondenza tra il nomen juris attribuito dalle parti al contratto e la sua effettiva natura appare viziata logicamente e giuridicamente ove esclude la sussistenza di elementi propri del contratto di agenzia ovvero attribuisce rilevanza al fine dell'identificazione del tipo del contratto a pattuizioni accessorie correlate ad obblighi accessori assunti dall'agente. Il terzo motivo che prospetta la necessità dell'azione dì simulazione da parte dell'Enasarco è assorbito dall'accoglimento del secondo in quanto solo all'esito di un corretto accertamento della divergenza tra intento negoziale e nomen juris potrebbe prospettarsi il fenomeno simulatorio.
In accoglimento del secondo motivo, sussistendo il vizio di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c., la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata per nuovo esame ad altro tribunale che si designa nel dispositivo ed al quale si demanda anche di provvedere in ordine alle spese del giudizio di legittimità. |
P.Q.M |
La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo. Cassa l'impugnata sentenza e rinvia la causa al Tribunale di Brescia al quale demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di cassazione. Così deciso in Roma il 6 giugno 1997. |
Nota Redazionale
- In argomento, Cass. 26 gennaio 1991 n. 777.
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