Cassazione civile, SEZIONE LAVORO, 5 giugno 1998 n, 5569
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli III.mi Sigg. Magistrati: Dott. Alfredo ROCCHI Presidente
Alberto EULA Consigliere
Marino Donato SANTOJANNI
Rosario DE JULIO
Luciano VIGOLO Rel. "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COFFARO NICOLO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA TIGRE 37,presso lo studio dell'avvocato FRANCESCO CAFFARELLI, che lorappresenta e difende unitamente all'avvocato GIANFRANCO MARINAI,giusta delega in atti;
Ricorrente
contro
ENASARCO, ENTE NAZIONALE ASSISTENZA AGENTI E RAPPRESENTANTI DI COMMERCIO ora FONDAZIONE ENASARCO in persona del legalerappresentante prò tempore, elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA SALLUSTIO 5, presso lo studio dell'avvocato BARTOLO SPALLINA, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale atto notar Giuseppe RAMONDELLI di Roma, del 15-01-98 Rep. n. 54349;
Controricorrente
avverso la sentenza n. 248-95 del Tribunale di PISA, depositata il
26-06-95 R.G.N. 834-94;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
27-01-98 dal Consigliere relatore Dott. Luciano VICOLO;
udito l'Avvocato Francesco CAFFARELLI;
udito l'Avvocato Bartolo SPALLINA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Domenico NARDI che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
Con sentenza in data 22 marzo-26 giugno 1995, il Tribunale - Sezione lavoro di Pisa rigettava l'appello proposto dal sig. Nicolo Coffaro nei confronti dell'Enasarco avverso la sentenza del Pretore - giudice del lavoro della stessa sede in data 17 luglio 1993 che aveva respinto la domanda del Coffaro per la condanna dell'ente a corrispondergli pensione per invalidità permanente parziale.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il Coffaro con tré motivi.
Resiste l'Enasarco con controricorso.
Diritto
Ha ritenuto il Tribunale che, in ordine al rapporto di agenzia che si assumeva intercorso tra il 1 ottobre 1986 ed il 31 marzo 1987 con tale Gallese (titolare della ditta Colorlegno, pretesa preponente), non erano state univoche neppure le dichiarazioni rese dal ricorrente in sede di interrogatorio libero (difformi da quanto dedotto con il ricorso introduttìvo), vi era inoltre contrasto tra le dichiarazione del Coffaro e quelle della Gallese in ordine all'entità delle provvigioni pattuite, ne i due erano stati in grado di precisare, quanto meno approssimativamente, il numero degli affari procurati dal Coffaro. non ricostruibili neppure attraverso l'esame di copie commissioni e ordini, essendo state reperite dall'ispettore dell'Enasarco solo due fatture provvigìonali rispettivamente del 15 dicembre 1986 e del 24 aprile 1987. Era significativo che l'interessato non avesse compilato un elenco, anche informale delle operazioni compiute, quanto meno ai fini del compito delle spettanze dovutegli delle quali ne il Coffaro ne la Gallese avevano mai indicato neppure approssimativamente l'importo; i due non erano stati concordi nemmeno nell'indicare la zona assegnata al Coffaro, la mancanza di un benché minimo supporto scritto che confortasse la pregressa esistenza del rapporto di agenzia (a ciò, secondo il Tribunale, doveva ritenersi si fosse riferito il Pretore nel rilevare la mancanza di prova scritta del contratto), costituiva essa pure indìzio contrario all'esistenza del rapporto dedotto del quale comunque mancavano i caratteri della stabilità e della continuità (la stessa titolare della ditta Colorlegno lo aveva definito saltuario). Pertanto, a tutto concedere, sì sarebbe potuto parlare solo di un rapporto di procacciamento di affari. A tale convincimento inducevano anche le deposizioni testimoniali raccolte. Si era trattato, in sostanza, dì una attività sporadica e limitata, diretta a raccogliere le ordinazioni dei clienti ed a trasmetterle alla ditta dalla quale il Coffaro aveva avuto l'incarico, ma senza il vincolo della stabilità e in via del tutto occasionale, come denotato dal numero estremamente esiguo delle fatture.
Con il primo motivo, il ricorrente deduce omessa motivazione sulle risultanze delle prove testimoniali e omessa considerazione di parte di prove vertenti su fatto decisivo per la controversia (art. 360 n. 5 c.p.c.) e si duole che il Tribunale abbia valutato solo parte delle prove testimoniali e, per giunta prendendo in esame ciascuna non nella sua integrità: a tal proposito riportava brani della testimonianza della Gallese e dichiarazioni dei testi Casotti (del quale pure sarebbe stata trascurata parte della deposizione) e dei testi Cioni, Bitozzi e Bamini. Era pertanto non vera e illogica l'affermazione del Tribunale costituente vero e proprio travisamento dei fatti - .secondo la quale il materiale testimoniale avrebbe portato ad escludere la possibilità di qualificare il rapporto come agenzia.
Il motivo è infondato.
Come è stato più volte affermato da questa Corte suprema - il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360, n. 5 c.p.c., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può, invece, consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte; la citata norma, infatti, non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenuto idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 21 ottobre 1994, n. 8653; cfr anche Cass. n.3715-1987 e n. 10503-1993).
In particolare per quanto attiene al giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di taluni invece che di altri, è stato sottolineato come esso coinvolga apprezzamenti di fatto riserbati, appunto, al giudice del merito il quale, nel porre a fondamento della decisione una fonte di prova e nell'escluderne altre, è tenuto solo a spiegare le ragioni del proprio convincimento senza peraltro che ciò comporti l'obbligo di discutere ogni singolo elemento e a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr. Cass. 14 aprile 1994, n.3498).
Pertanto, il ricorrente non può porre a fondamento delle proprie censure brani di deposizioni di testi che il giudice di merito avrebbe trascurato o non integralmente valutato, addirittura, con preteso travisamento delle dichiarazioni della teste Gallese. Occorre, infatti, tener presente che il
Tribunale ha posto a fondamento della propria decisione anche le dichiarazioni di altri testi, indicati in sentenza e non considerati nel ricorso. È, inoltre, evidente che per valutare la effettiva portata di testimonianze che in vario modo avrebbero riferito, secondo quanto riportato nel ricorso, di visite dei Coffaro presso taluni commercianti come rappresentante sarebbe occorso considerare - oltre la mera espressione verbale, non necessariamente usata in senso tecnico dai testimoni, l'attività effettivamente e concretamente svolta dal Coffaro, il che è stato fatto dal giudice dì merito, come risulta dalla motivazione della sentenza sopra riepilogata, sulla scorta di una molteplicità di acquisizioni istruttorie, in attuazione di un compito istituzionale riservatogli in via esclusiva dall'ordinamento processuale.
Del tutto inconferente è poi il riferimento del ricorrente a un preteso travisamento di fatti giacché questo non è deducibile per cassazione ma, eventualmente - con domanda di revocazione a nonna dell'ari 395, n. 4 c.p.c.
Col secondo motivo, il ricorrente denuncia errore di diritto in ordine all'interpretazione del concetto di "stabilita" nel contratto di agenzìa (art. 1741 recte: 1742 n.d.r.! c.c.) e omessa motivazione in ordine alla mancanza di tale requisito e sostiene che non correttamente il Tribunale aveva escluso la stabilità del rapporto di agenzia sulla base di una pretesa definizione (peraltro non rinvenibile nel verbale) del rapporto come saltuario data dalla teso Gallese (che anzi aveva affermato che il ricorrente veniva in bottega anche tutti i giorni portando gli ordini), e sul fatto che erano state prodotte in giudizio due sole fatture provvigionali. Per la stabilità del rapporto sarebbe stato invece sufficiente che l'incarico di agente fosse stato conferito per tutti gli affari dì una certa specie svolti, sìa pure per un tempo limitato, nell'interesse del preponente e in continuativa coordinazione con l'attività del medesimo, e non poteva essere esclusa, così come la continuità del rapporto, dall'esiguità degli affari conclusi.
II motivo è infondato.
Il Tribunale ha escluso l'esistenza di un rapporto di agenzia tra la Gallese ed il Coffaro proprio per non avere ritenuto sussistente il relativo incarico. A tale proposito, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che il contratto di agenzia - secondo la definizione prevista dall'ari. 1742 e. civ., dall'accordo economico collettivo del 1038 e dalla legge 12 marzo 1968- n. 316 (sull'istituzione del ruolo degli agenti e dei rappresentanti di commercio) - ha come oggetto l'attività, con carattere di stabilità, dell'agente di promuovere per conto del preponente la conclusione di contratti in una determinata zona.
Nella promozione, ha altresì precisato questa Corte, rientrano molteplici attività di impulso e di agevolazione, finalizzate a suscitare, sostenere. incrementare e convogliare verso l'acquisto la domanda del prodotto offerto dall'impresa preponente ovvero ad interessare al prodotto e a orientare i soggetti interessati alla decisione di acquisto in termini conformi alle istruzioni eventualmente impartite dal preponente.
Nell'ambito dì tale attività di impulso la propaganda, destinata a persuadere la potenziale clientela dell'opportunità dell'acquisto - informandola dell'esistenza del prodotto ed illustrandone le caratteristiche intrinseche o commerciali - pur non potendo di per sé sola costituire l'attività tipica dell'agente, integra tuttavia il presupposto della promozione della conclusione dei contratti ove si accompagni ad ulteriori compiti, risultanti dalla disciplina complessiva del rapporto, che evidenzino il ruolo dell'agente quale intermediario tra l'impresa e i suoi clienti e quale fiduciario cui fa capo l'organizzazione del collocamento dei prodotti del preponente in uno specìfico mercato (cfr. Cass. 27 gennaio 1988, n. 696).
Ben è vero che, ove fosse risultato l'avvenuto conferimento di siffatto incarico (con accettazione quanto meno per facta concludentia) dell'agente e quindi l'avvenuta instaurazione del rapporto, l'esiguità degli affari conclusi, valutata ex post, non avrebbe potuto escludere il rapporto medesimo, ma, per converso, se il conferimento dell'incarico non risulta da elementi di prova diretta non può essere certo desunto induttivamente dal fatto che il Coffaro abbia trasmesso alla pretesa ditta preponente un limitatissimo numero di ordini. Quest'ultima contro - depone proprio per la occasionalità delle circostanza, per sporadiche prestazioni. D'altro canto, il concetto di stabilità (il ricorrente esclude che la titolare della Colorlegno nella stia deposizione abbia parlato di saltuarietà delle prestazioni del Coffaro, d'altro canto, la
Corte, cui è inibito l'esame diretto degli atti ed alla quale, come già detto, non spetta giudicare di un eventuale travisamento del contenuto delle acquisizioni probatorie, deve dare atto che l'Enasarco nel controricorso attribuisce alla Gallese quella espressione per essersi essa in tali. termini espressa non nella deposizione resa in giudizio ma nel verbale di accertamento ispettivo prodotto in atti), proprio della definizione del rapporto data dall'ari. 1742 e. civ., non può essere confuso con la circostanza che. per un certo periodo di tempo il Coffaro, come il Tribunale non ha escluso possa essere avvenuto, si sia limitato, in veste di semplice procacciatore di affari, a raccogliere ordini presso alcune ditte.
Col terzo motivo, il ricorrente lamenta illogicità e a motivazione in ordine all'insussistenza del contralto di agenzìa e errore di diritto in merito ai presupposti necessari per la configurazione di esso. Sostiene che erroneamente il Tribunale ha ritenuto elementi qualificanti del rapporto l’effettiva conclusione di contratti o l'accrescimento della produzione e delta redditività della ditta preponente; del tutto irrilevante era poi l'inesistenza di supporto ditta preponente del tutto irrilevante era poi l'inesistenza dì supporto scritto dell'assunto del ricorrente e di scritture indicative dei compensi ricevuti (tranne due fatture provvigìonali) o di un elenco delle operazioni compiute. La non coincidenza delle dichiarazione del Coffaro e della Gallese in punto di entità della provvigione e di estensione della zona assegnata non erano tali da escludere l'esistenza del rapporto, ma anzi la presupponevano. La Gallese, inoltre, aveva sempre versato i contributi all'Enasarco.
Il motivo è infondato.
L'ultima circostanza con esso esposta (peraltro non emergente da quanto accertato dal giudice di appello) è del tutto ininfluente ai fini della sussistenza del rapporto di agenzìa.
Quanto agli elementi della fattispecie, la giurisprudenza di questa Corte ha ulteriormente precisato che caratteri distintivi del contratto di agenzia (nel quale il diritto di esclusiva previsto dall'art. 1743 e. civ. costituisce un elemento naturale) sono la continuità e la stabilità dell'attività dell'agente, diretta a promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell'ambito di una zona, realizzando in tal modo con quest'ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma, con risultato a proprio rischio e con l'obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo. Invece, il rapporto di procacciatore di affari - che ha carattere atipico, si concreta nella più limitata attività dì chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole commissioni (Cass. 21 dicembre 1982- n.7072- 4 dicembre 1989, n.5322- 16 gennaio 1993- n. 1916).
Da tali concetti non si è affatto dìscostato il Tribunale il quale ha poi dato adeguata spiegazione in punto di incidenza negativa, ai fini della riconducibilità del rapporto in esame al modello dell'agenzia, delle rilevate discrasie tra il Coffaro e la pretesa preponente in ordine al concreto svolgimento dei fatti (tempi e zona assegnata) e della pressoché assoluta assenza di documentazione in ordine agli affari che da parte del primo si assumono trattati in veste di agente: il giudice di appello ha ben spiegato, nel giustificare analogo convincimento espresso dal Pretore, che non era certo per una esigenza di natura formale che veniva rilevata la mancanza di prove scritte, ma per la inverosimiglianza di un rapporto che, di norma, nel suo concreto svolgimento, particolarmente per il computo delle provvigioni, comporta l'esigenza pratica di documentazione mentre, nel caso in esame, non aveva dato luogo neppure alla compilazione di un brogliaccio delle operazioni.
Conclusivamente, assorbito ogni altro profilo di censura, il ricorso deve essere rigettato.
Nulla in ordine alle spese, secondo il disposto dell'art. 152 disp. att. c.p.c. (in relazione alla sentenza della Corte costituzionale 13 aprile 1994, n. 134 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 2 e 3 del d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito con modificazioni in legge 14 novembre 1992, n. 438), non ricorrendo l'ipotesi della pretesa manifestamente infondata e temeraria.
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